martedì 12 settembre 2023

incominciamo a risalire questo pesciolone che è il giappone, prima di tutto naoshima

che è un'isola del mare di seto, uno dei mari interni del giappone, un po' a nord di hiroshima. mitsubishi l'ha utilizzata per anni come raffineria, e non ha mica smesso, ma nell'altra metà dell'isola, la parte dell'isola senza escavatori, nei due piccolissimi villaggi nei quali avranno abitato pescatori e lavoratori di mitsubishi o che so io - non farti illusioni, tutta questa prolalia la faccio a braccio, per me e per te Zero, ha un altro scopo, mica è una lonely, scordati che vado a verificare cose -  ha piazzato l'arte. l'arte moderna, quella incomprensibile che non dice ma indica. e cinque monet dei quali non mi so figurare assolutamente il valore economico, se non con la parola tanto. tanto. tanto, come diceva quello. una ninfea enorme lillà da mettersi a piangere, entro nello spazio quadrato illuminato da luce naturale e sono sola nella stanza. cinque secondi sola con monet. niente a che vedere col fitto del musée d'orsay, se la batte forse con l'orangerie, ma mentre lì sei costretta a girarti per vedere le quattro opere che decorano un ovale - sei immersa, così si dice, no? - qui la ninfea è un totem, tu e lei, lo spazio è la sua profondità, ci cadi dentro con tutti sensi, ti resta da guardare e respirare, e basta. anche le altre quattro più piccole molto notevoli, ce n'erano due dell'ultimo periodo, commoventi, con tutti i segni della cecità, dell'abitudine, dell'ostinazione. faccio sempre fatica a vedere urgenza nell'opera di monet: diciamocelo, un fissato che ha dipinto sostanzialmente un solo soggetto, ma cazzo, quest'ossessione dev'essere stata un bel po' urgente. sì, monet è uno dei casi in cui la mia testa dice no e la pancia risponde non rompere i coglioni. giusto per la cronaca, per quasi tutte le altre opere dell'isola, comprese le strutture di tadao ando, non sono riuscita ad entrare in risonanza, ammetto, le ho viste con la testa. i musei propriamente intesi sono due o tre, poi ci sono le casette abbandonate che sono state trasformate in opere d'arte, poi il bagno pubblico - bisogna che ti racconti dei bagni, ma è più trasversale - poi la galleria più piccola del mondo. un'operazione per farsi notare, della serie andiamo sul libro dei guinnes, insieme al ristorante più piccolo del mondo e alla birreria più piccola del mondo! ma era tutta tappezzata di accendini, una di quelle cose minute, che mi spingono sul simbolico e alla fine mi lasciano un ricordo, una senso. quella notte tra l'altro ho scoperto che nelle case giapponesi tradizionali, quelle con i divisori di carta di riso mi trovo proprio bene, ma mi inquietano. quella poi era grandissima, immersa in un buio sonoro, stavo all'erta, ed era bellissima, eh, aveva addirittura il bagno tradizionale, diviso in due ambienti e l'ambiente che serve per farsi il bagno ancora diviso in due, una parte serve a lavarsi eppoi ci si dovrebbe immergere nella vasca piena di acqua calda, non lo sapevo e non è andata così.
così a spanne mi sembra che come operazione di green washing sia pensata da dio, porta turismo - naoshima è in tutte le guide - porta prestigio, porta perfino biglietti di ingresso, e il giorno è piacevole. ancora forse non è così tanto frequentata da essere perfettamente oliata per i turisti, mancano incredibilmente i ristoranti, forse perché chi va dorme direttamente nel resort collegato ai musei, ma questa polvere e questi sassi sconnessi mi piacciono, e anche se è un'illusione mi fanno sentire dentro a qualcosa di autentico, e mi danno la speranza che deriva dalle cose che possono migliorare. Tornassi indietro, ci sarei arrivata di sera e dormito due notti, tagliando un pomeriggio a hiroshima, si poteva fare il bagno, si poteva prendere il sole.    

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